Oggi è Un Buon Giorno…

Tutti noi nella vita dobbiamo qualcosa a qualcuno: i nostri successi, le nostre imprese, le nostre paure, la stessa nostra vita.
Voglio dedicare questa pagina a mio padre pubblicando una lettera di Francesco Guccini che interpreta il mio pensiero in un suo scritto.

“Oggi è un buon giorno per morire”
Non ricordo dove l’ho letta o dove l’ho sentita. Ricordo solo che era una frase detta da un capo indiano.
Da quando l’ho sentita ho sempre pensato che fosse una buona frase e che rappresentasse la sintesi del mio pensiero.
Pensare che ogni giorno fosse buono perché lasciavi comunque qualcosa di importante e perché la tua vita aveva avuto un senso.
Ricordo quando, durante la mia adolescenza, discutevamo animatamente su tutto.
Sembravamo cani e gatti, ma quelle discussioni mi sono servite a relazionarmi con gli altri e a cercare di andare a fondo nelle cose.
Quando, anni dopo, mi sentivo figlio e padre al tempo stesso, ho più volte ripercorso quegli istanti e tanto mi hanno fatto pensare.
Ricordo quando tornavi dalle tue passeggiate in montagna in inverno e mi portavi la neve nel thermos, quando andavamo in montagna assieme e mi insegnavi a conoscere il grido delle marmotte.
Ricordo quando mi hai insegnato a guidare, quella 850 che faceva acqua da tutte le parti ma andava dovunque, le vacanze passate assieme, la gioia che leggevo nei tuoi occhi quando prendevi in braccio i tuoi nipoti, le prime battute di pesca nelle mattine nebbiose.
La strada percorsa assieme parlando del più e del meno, il caffè diviso durante le fredde mattine invernali, i consigli che ci siamo scambiati su esche, montature e tecniche.
Questa è la cosa che più mi dispiace.
Non essere riuscito a portarti a pescare ancora una volta. Ci tenevi tanto.
Ricordo quando lo scorso natale sei venuto a pranzo da me, guidando la tua macchina che dopo tanti sacrifici sei riuscito a comperare. La tua prima macchina nuova.
Stanco, col respiro affannoso, ma presente.
E ieri quando, ancora lucido, ci hai salutato e, rivolto a Dany gli hai detto: “Ciao belva”.
E lui, con la dolcezza che gli animali hanno, discretamente e amorevolmente ti leccava le mani gonfie, quasi cosciente del tuo stato di salute.
Purtroppo oggi è venuto quel momento.
Te ne sei andato così come hai vissuto.
Dignitoso, silenzioso, attorniato dalle persone che amavi.
E io mi sono ritrovato ad accarezzarti come da molti anni, forse troppi, non facevo.
Ed ho pianto.
Avrei dovuto essere contento e invece piangevo.
Contento perché sei riuscito a terminare i tuoi giorni come hai sempre voluto.
Perché non sei stato relegato in un letto di ospedale a soffrire e vegetare.
Perché fino all’ultimo hai potuto ragionare.
Non avresti sopportato l’immobilità, i pannoloni, i cateteri e, soprattutto, non avresti accettato la decadenza della ragione.
Ma cosa vuoi, si pensa sempre di essere pronti, ma in fondo non lo si è mai abbastanza.
Sono però fiero ed orgoglioso di averti avuto come padre e spero che i miei figli possano dire altrettanto di me.
Sei stato un buon padre. Mi hai trasmesso i valori fondamentali in cui credere e mi sei stato di esempio.
So che non leggerai mai queste poche righe, ma volevo comunque ringraziarti.
Grazie papà per tutto quello che hai rappresentato e per tutto quello che hai fatto.
Questa mattina il cielo era coperto di nuvole, come se fosse anch’esso triste e premonitore di ciò che stava accadendo.
Ma poi, nel pomeriggio, si è riempito di mille colori e al tramonto si è colorato di rosso. Forse voleva mandarci un messaggio. Un messaggio di serenità
Non siate tristi per il momento, ma gioite ricordando quello che è stato.
Ed è così che voglio ricordarti.

Ciao papà. Grazie.
Voglio però ricordarti com’eri
Pensare che ancora vivi
Pensare che come allora mi ascolti
E come allora sorridi
Francesco Guccini

about errecicasa