Caos banche in Europa: ora più che mai serve un’azione comune

Il Consiglio d’Amministrazione di Monte dei Paschi di Siena si appresta ad approvare il piano presentato dall’Amministratore Delegato Fabrizio Viola circa la ricapitalizzazione da 3,2 miliardi di euro in risposta alla richiesta del dicembre scorso dell’Eba, l’Autorità bancaria europea (European Banking Authority), organismo dell’Unione con il compito di sorvegliare il mercato bancario europeo. Oltre a MPS, la ricapitalizzazione, in Italia, era stata richiesta, sempre dall’Eba, anche a Unicredit, Banco Popolare e Ubi Banca.

Di questi 3,2 miliardi, necessari per portare il Core Tier 1 (Indicatore della solidità patrimoniale delle banche anche noto come Patrimonio di classe 1) di MPS al 9%, 2,3 arriveranno grazie ai tagli ai costi e alla vendita di Biverbanca, mentre per il miliardo mancante l’istituto bancario farà ricorso all’emissione di una nuova tranche di Tremonti Bond, approvata dal Governo, preferiti all’aumento di capitale o all’ipotesi dei Co.co. Bond (Contingent Convertible Bond), questi ultimi una particolare tipologia di obbligazioni bancarie con la caratteristica, a differenza dalle classiche obbligazioni, di essere titoli convertibili in azioni qualora se ne dovesse presentare l’esigenza dal punto di vista patrimoniale. In pratica MPS emetterà delle obbligazioni (i Tremonti Bond, appunto) con un rendimento del 9%  sottoscritte dal Tesoro ed acquistate dal ministero stesso. Il tutto per ottenere quella liquidità che permetterebbe alla banca di prestare più facilmente denaro per ridare fiato alle imprese evitando di correre rischi per quanto riguarda la sua stabilità. Insomma, MPS, affidata all’ex numero uno di Unicredit Alessandro profumo, per far fronte a un dissesto a cui si è arrivati a seguito di operazioni che ne hanno minato la solidità come l’acquisto di Antonveneta, chiede aiuto allo Stato.

Se la situazione di alcune banche italiane non è certamente rosea, da altre parti, in Europa, non si sta meglio. Anzi. E’ ancora fresca la notizia che pure la Spagna ha chiesto un intervento all’Unione Europea per salvare le proprie banche (si parla di una cifra vicina ai 60 miliardi di euro). Dopo che Moody’s aveva tagliato il rating a 28 Istituti di credito iberici, al governo di Madrid non è restato che chiedere assistenza a mamma (o matrigna) Europa per ricapitalizzare le proprie banche e salvarle da baratro. Quindi, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo è stata la volta della Spagna a cui potrebbe seguire anche Cipro. Insomma, le banche europee soffrono e, di conseguenza, il sistema imprese, che dovrebbe ripartire per rilanciare questo benedetto sviluppo, ne risente pesantemente.

E da molte parti si vocifera che nonostante le recenti batoste, le ardite operazioni speculative che tanti danni hanno e continuano a causare, siano ancora, per alcune banche, una tentazione forte nella speranza di guadagni facili.

Da qui la necessità, più volte invocata ma che per ora resta lettera morta, di dar vita a un organismo centrale che abbia la supervisione del sistema creditizio europeo: una sorta di Unione Bancaria, con suddivisione di compiti tra Bce e Eba, che governi le banche europee, garantisca i depositi e apra alla possibilità della ricapitalizzazione diretta con un fondo salvastati permanente. Ma se l’Unione Europea si è particolarmente distinta in un campo, questo è quello della sua non coesione: infatti, alla formulazione di questa proposta, subito si sono levate voci dissenzienti, come quella della Banca centrale della Germania, contrarie a far pagare a tutti gli errori, alle volte grossolani e temerari, di alcuni. La partita è aperta, ma il tempo a disposizione per rimediare, quello sì, è agli sgoccioli.

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